Un avvocato – che applica il regime dei contribuenti minimi – può dedurre i costi sostenuti per l’acquisto dei buoni pasto, per consumo quotidiano personale, in quanto esercita la propria attività lavorativa in un luogo distante rispetto alla propria località di residenza? Il professionista deduce l’intero costo sostenuto, compresa Iva, oppure il 75% del costo e il 100% dell’imposta sul valore aggiunto? Inoltre, la spesa sostenuta per i buoni pasto è soggetta al limite del 2 per cento del fatturato annuo?
La disciplina della deducibilità dei costi sostenuti dal professionista per spese di vitto e alloggio è contenuta nell’articolo 54, comma 5, del Tuir, per coloro che applicano il regime ordinario, mentre valutazioni particolari sono necessarie per il contribuente minimo o per il soggetto che esegue prestazioni occasionali di lavoro autonomo.
Il professionista ordinario
Per quanto riguarda il professionista abituale in regime ordinario, l’articolo citato prevede che le spese di vitto e alloggio sono deducibili per il 75% del costo sostenuto e nel limite del 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (si veda anche l’articolo a fianco). Al riguardo, la circolare 53/E del 5 settembre 2008 ha affermato che si applica il tetto del 75% del costo, e il risultato così ottenuto va inserito nel secondo limite del 2% dei compensi percepiti. Quindi, ipotizzando 100.000 euro di compensi percepiti, e di avere sostenuto 3.000 euro di spese relative a vitto e alloggio, si calcolerà il 75% di 3.000 (2.250) e questo importo sarà deducibile per il valore massimo di 2.000 euro, cioè il 2% di 100.000 euro.
Una questione delicata sotto il profilo accertativo attiene al fatto che debba essere o meno dimostrata l’inerenza di tali spese all’attività professionale. Da una parte si potrebbe sostenere che, dal momento che il legislatore ha fissato dei parametri matematici, viene meno l’obbligo di dimostrare l’inerenza, nel senso che l’inerenza è “pre-dimostrata” dal fatto che la deducibilità avviene entro parametri stabiliti. La tesi che invece viene sostenuta dall’agenzia delle Entrate, e che emerge dalla circolare 53/E, è che l’inerenza delle spese di vitto e alloggio va comunque dimostrata e, solo avendo adempiuto positivamente a tale condizione, l’importo del costo va inserito nel due parametri matematici.
Per contro, già da diversi anni è venuta meno l’indetraibilità dell’Iva, per cui la spesa di vitto e alloggio inerente all’attività permette la detraibilità del 100% dell’Iva addebitata per rivalsa.
Le regole per i minimi
Discorso diverso va fatto per le spese in oggetto sostenute da parte del professionista che applica il regime dei minimi, sempre in base alle regole attuali, valide – quanto meno – per l’anno d’imposta 2014 (si veda l’articolo a fianco). In linea generale si può affermare che questo soggetto non applica le regole statuite dal Tuir, stante la peculiarità del regime di vantaggio. Questa affermazione è contenuta nella circolare 7/E 7 del 28 gennaio 2008: «…Tenendo conto della particolarità del regime dei minimi, che prevede una modalità semplificata di determinazione del reddito ai sensi del comma 104, si ritiene che non possano trovare applicazione le norme del Tuir che prevedono una specifica limitazione nella deducibilità dei costi…».
Quindi, i limiti illustrati per il professionista ordinario non trovano applicazione per il contribuente minimo, e ciò pone ancor più in primo piano il problema della dimostrazione di inerenza del costo di vitto e alloggio all’attività professionale. Si ritiene che tale inerenza sia fortemente opinabile quando si parla di spese di vitto “ quotidiano”, sostenute dal professionista per il semplice fatto che lo studio in cui svolge l’attività è collocato in un Comune diverso rispetto a quello nel quale egli risiede abitualmente. Si tratta, infatti, di costi che non il professionista, ma il privato cittadino, comunque sosterrebbe nella propria vita quotidiana, anche se svolgesse la propria attività nel Comune in cui risiede.
La deduzione di tali costi, invece, rispetta il principio di inerenza quando sono sostenuti nell’ambito di una trasferta eseguita nell’esercizio dell’attività professionale, caso che si manifesta, ad esempio, quando l’avvocato in regime dei minimi con studio a Milano si reca a Bologna per presenziare a una udienza di una causa che vede coinvolto il proprio cliente.
Per il contribuente minimo, non si parla di detraibilità dell’Iva addebitata per rivalsa, per il semplice motivo che nessuna Iva acquisti è detraibile in un regime escluso dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Il lavoro occasionale
Una disciplina particolare si applica al soggetto che svolge prestazioni occasionali di lavoro autonomo incassando rimborsi per vitto e alloggio, ipotesi che si manifesta, ad esempio, per studiosi invitati a convegni, che ricevono un mero rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio. Fermo restando che la norma dell’articolo 67, lettera l), del Tuir non prevede alcuna detassazione di questi rimborsi, la risoluzione 49/E del 2013, in via eccezionale e per agevolare questi soggetti, ha ritenuto che il puro rimborso di essi possa essere non fiscalmente rilevante.